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Benny Moderatore Hardware e Networking


Registrato: 28/01/06 15:35 Messaggi: 6382 Residenza: Non troppo vicino, mai troppo lontano
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Inviato: 16 Ago 2009 22:38 Oggetto: |
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freemind ha scritto: | E' stata una bella giornata a parte la pizza squallida che abbiamo mangiato a mezzogiorno!
Era piccolina, faceva schifo e l'hanno servita pure in un piatto fondo! Mah! |
Ma dove sei andato a mangiarla?
Ormai è difficile trovare un posto dove facciano una pizza veramente cattiva...
Comunque per consigli su Venezia e dintorni, sono a disposizione...  |
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Silent Runner Supervisor sezione Chiacchiere a 360°


Registrato: 16/05/05 10:17 Messaggi: 24079 Residenza: Pianeta Terra
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Inviato: 17 Ago 2009 11:12 Oggetto: Morte a Venezia! |
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A me Venezia non è piaciuta. Sembrava Disneyland, i canali puzzavano di morte. Troppo macroturistica.
Ho trovato incantevoli i percorsi interni, fuori dal caos della celebrazione veneziale. Quella era Venezia, forse. Ma l'unica Venezia che ho veramente apprezzato dal punto di vista paesaggistico era quella del Canaletto. Il pittore paesaggista.
Credo che Venezia sia, come del resto Firenze, una città morta. La sua magnifica architettura è solo di facciata, come la maschera di silicone che hanno messo sul teschio scarnificato di Padre Pio.
Forse a Venezia mancano i veneziani? O mancano le ragioni antropologiche che l'hanno creata e trasformata così com'è adesso? Le figure allegoriche, le maschere italiane e il teatro ci hanno affezionato alla venezianità tanto quanto la gondola in miniatura che negli anni '60 mettevamo sul televisore. Ma Venezia non è solo un'idea e una storia anche cruenta che la maggior parte di noi ignora e pretendere di mangiare una pizza a Venezia è come andare a messa e chiedere al prete di mettere il ketchup sull'Ostia consacrata.
E forse è questo che è venuto a mancare dal settecento in poi, il senso oscuro della sacralità della Polis, frammista come una granita, all'Urbe (qui intesa come città in senso generico, perciò assoluto). Ma credo che questo appartenga al lento fluire della decadenza che ha fatto grandi molte città, Roma per prima, oggi ancora viva grazie all'impossibilità di far convivere storia e necessità. E l'ingegno dell'uomo ha restituito alla storia il suo ruolo lasciando alle genti il tempo e lo spazio per viverci dentro, ignorando il sangue e le ossa spezzate, le grida dei martiri sapientemente amplificate dagli architetti, le migliaia di animali spaventati sacrificati al Circo, il brulicare degli spermatozoi nelle tube di falloppio ad anticipare una mescolanza di geni e di genìe, di culture e di bisogni, di rapine e di sapienze.
Forse Venezia non ha avuto il suo Colosseo ed ha disperso in mare il suo sperma vitale. Le sue vittime sacrificali acquietate nei canali o nell'antistante mare delle battaglie e delle vele, dei commerci e delle abitudini di piccoli uomini di cui si è perduto il nome.
Forse Venezia è ancora bella come il coperchio di una bara circondato da fiori velenosi, l'alto Adriatico, serpente immobile e carico di limo e di alghe, le cui acque lentamente muoiono d'asfissia senza lasciare monumenti a memoria.
Ecco perché dobbiamo amare Venezia, come un'amante che stiamo per perdere per sempre.
Se volete, tornateci da soli o in compagnia ma non fatevi disturbare dall'amore o dalle amicizie, lasciate che vi parli della sua marcia palificazione che affonda nel limo nei canali. E' lì Venezia, sotto le fondamenta delle case tanto abitate e tenute giù dal peso degli uomini e dai loro mobili veneziani, tanto da non sollevarsi e volare via per sfuggire ai liquami maleodoranti, tenute giù, i piedi di legno sprofondati nell'ignoto asfittico ambiente riducente dei suoli sottratti al mare, terreni imbibiti di due gas uniti in un abbraccio che li rende liquidi. Acque ignoranti e cieche che circolano malamente dei canali, strade rovesciate dove, almeno nei giorni fortunati, vi si può specchiare anche il cielo.
E questo è il destino delle città perché è il destino degli uomini. Pompei è rimasta tal quale perché le nubi ardenti hanno ucciso i pochi abitanti rimasti, gli animali e perfino gli scarafaggi, gli unici, a detta di alcuni, di resistere ad una guerra nucleare. Ma Pompei non è nemmeno una città fantasma. Pompei è una fotografia degli Alinari ante litteram. Pompei non è stata distrutta dall'uso e dalle necessità ma da un evento che non era stato previsto ai tempi della sua costruzione. Del resto nessuno edifica pensando al crollo della sua abitazione o della sua città. Sodoma e Gomorra furono vittime di "el Nino" più che della collera di un Dio improbabile perché troppo su misura, due città spentesi nella loro funzione a causa di un cambiamento climatico che le ha rese incapaci di sussistenza alimentare. E le sue genti, disperse altrove, confuse, perdute nella moltitudine dei geni ma non della memoria se non quella fantastica della loro distruzione.
E perciò Venezia non è morta del tutto, non ancora almeno.
Consolatela se volete.
Mi chiedo se L'Aquila non abbia fatto bene a crollare sotto il terremoto, prima di diventare una città come Firenze, in piedi fuori ma crollata dentro.
Lo so, è un paradosso sgradevole ma è così. A che servono le città se non le abitiamo veramente?
Ovviamente L'Aquila, le sue case, i suoi monumenti, risorgerà più antica di prima. Lo auguro ai miei concittadini (uso questo termine estendendo la mia cittadinanza all'intero paese) e forse, questo disastro rallenterà il decadimento naturale di ogni città che non sia un paese arroccato su un ridente colle con valli e pianure al di sotto a rendere vivibile un luogo non solo degli affetti e della memoria ma anche della semplice sussistenza.
Verrebbero da dire molte cose ancora ma il tempo non è arrivato, siamo ancora in presenza di una operazione a cuore aperto e il paziente non può parlare. Troppo pericoloso togliergli il supporto dell'anestesia, non per il dolore che potrebbe provare (e prova) ma per la possibile perdita di controllo del sistema cardiorespiratorio. Lo choc sarebbe troppo forte anche per un superuomo. L'unica cosa alla quale dovremmo prestare attenzione è che qualcuno, magari in malafede, ponga sulla bocca del paziente, un batuffolo di cotone imbevuto di cloroformio, per non farlo svegliare troppo presto, per non farlo parlare.
Quel cloroformio che lo ucciderebbe malgrado l'operazione sia perfettamente riuscita.
E forse è questa la metafora più adatta. Una pizza a Venezia, una pizza al cloroformio per non farti più tornare. Immagino (con finta paranoia) che esistano e si formino in ogni città, sette segrete createsi per confondere o rimuovere i nomi delle vie, chiudere i musei, alzare i prezzi al consumo per i turisti e vendere pizze disgustose in modo che i villeggianti non tornino più a disturbare la quiete delle loro città. Come in un brutto film americano dove cittadine disperse nel Montana o nel Wyoming (terra di grandi fossili di dinosauri), conservino la loro integrità ammazzando tutti i viandanti che si fermano lì troppo a lungo, temendo che questi ultimi, portatori di diversità, possano sconvolgere la loro armonia congelata.
Ma questa, come ho detto, è solo una bugia, un metafora che non spiega niente. Soltanto accenna.
Ovviamente scherzavo.
Ma il Wyoming resta terra di grandi dinosauri. Nessuno conosce i loro nomi, come i cittadini di Venezia, del resto.
Quelli del settecento, intendo. |
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Silent Runner Supervisor sezione Chiacchiere a 360°


Registrato: 16/05/05 10:17 Messaggi: 24079 Residenza: Pianeta Terra
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Inviato: 18 Ago 2009 11:17 Oggetto: |
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Non sono andato nel Wyoming. Era solo una metafora! |
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