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i tifosi laziali entrano in politica
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paolodegregorio
Dio minore
Dio minore


Registrato: 13/07/07 12:00
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MessaggioInviato: 11 Feb 2010 16:13    Oggetto: i tifosi laziali entrano in politica Rispondi

- i tifosi laziali entrano in politica -
a cura di Paolo De Gregorio, 11 febbraio 2010

La destra romana, Alemanno e Fini per primi, si è affrettata a dare l’impressione di darsi da fare per risolvere la crisi della Lazio, squadra di calcio la cui tifoseria è notoriamente di destra, dopo che i suoi tifosi avevano fatto violente manifestazioni contro il presidente Lotito, responsabile di avere portato la squadra sull’orlo della serie B.
La concreta minaccia dei tifosi, squisitamente “sportiva”, è quella di votare la Bonino invece della Polverini alle prossime amministrative regionali.
Nulla potrebbe dimostrare più efficacemente l’intreccio tra politica e calcio, e visto che i presidenti padroni delle maggiori squadre sono dei capitalisti, qui si parla di come il capitalismo crea i suoi adepti e scende in politica.

Siccome i capitalisti sanno bene che nulla è ideologicamente più convincente della realtà dei fatti, il calcio oggi è ideologia pura, con l’equazione: chi ha più soldi vince, e per questo si invoca il “principe” e, quando questo è vincente, i sudditi tifosi sono pronti a votarlo se entra in politica.
Pochi fenomeni di massa sono capaci di creare il pensiero unico ed il consenso come la gestione della grande macchina che governa il gioco del calcio, essa è TOTALMENTE in mano agli industriali, che anni fa ottennero (senza alcuna opposizione) di trasformare le squadre di calcio, allora giuridicamente “società sportive” in mano agli appassionati, in Società per Azioni, trasferendole dunque sul terreno della economia e della speculazione.

Certo questi “principi presidenti” sono anche un po’ gaglioffi, come Cagnotti della Lazio, Calisto Tanzi del Parma, Gaucci, Sibilia, Berlusconi (che non è in galera grazie alle leggi ad personam), per citare solo i più noti, ma ai “tifosi” ciò non importa molto, anzi sono inclini al perdono e pur di vincere giustificano qualunque ruberia.
La psicologia tipo del tifoso non è molto complessa, si tratta di persone frustrate, spesso appartenenti alle classi sociali subalterne, che nella vita non vincono mai, e che hanno un bisogno estremo di vincere qualcosa, di sentirsi parte di una entità collettiva vittoriosa. Non importa se tifano per una SPA e il loro presidente è un poco di buono, si accontentano di avere una bandiera e uno scopo nella vita.
Altro che sport e sportività! Quando perdono diventano violenti e scaricano su avversari e polizia le proprie frustrazioni.

Ma il calcio è come la TV, che può essere usata come fa Emilio Fede o come fa la Gabanelli, uno per leccare il padrone, l’altra per ragionare e informarci.
Società sportive che diventano ”public company”, i cui tifosi sono gli unici azionisti, che eleggono democraticamente i loro dirigenti, che possono utilizzare solo calciatori provenienti dalle proprie scuole calcio, che diventano proprietarie degli stadi, che diventano responsabili dell’ordine interno con un servizio d’ordine dei propri tesserati (senza polizia), che devono presentare un bilancio in pareggio, sarebbero palestre di partecipazione e democrazia ed espressione vera della capacità sportiva di un territorio.
La trasformazione dei sudditi tifosi in sportivi protagonisti è il peggiore incubo della CASTA dei presidenti, e quindi è una rivoluzione copernicana che potrà prodursi solo dal basso.
Oggi, 11 febbraio, il “fatto quotidiano” dedica due pagine a questo argomento, ma senza arrivare al cuore del problema e senza farci capire quanto è funzionale al capitalismo e ai mascalzoni questa gestione del calcio.
Manderò anche a loro le mie riflessioni e se non le pubblicheranno vorrà dire che assomigliano molto agli altri giornali.
Paolo De Gregorio
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