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Il giorno del black out
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dasio78
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MessaggioInviato: 24 Mag 2008 16:22    Oggetto: Il giorno del black out Rispondi citando

Citazione:
Noi barricati in casa a respirare solitudini
E ci attacchiamo a macchine come malati terminali di malinconia
Guardiamo negli schermi le altre vite che ci scorrono
Le persone che passano e ci lasciano fuori
E siamo virtualmente dipendenti da correnti
Come in un videogioco trascinati dagli eventi
Come bambole passate nelle stanze dei bambini
Che crescendo non le guarderanno più
Che crescendo non le abbracceranno più

I corpi per la strada sono solo degli ostacoli
Da superare in fretta per tornare presto
A casa e non guardare dietro più
Il mondo visto solo dentro a dei cristalli liquidi
Investiti da immagini dai vivaci colori
Sicuri di non esser stati mai così contenti
Nell?anima, nel cuore, nelle orecchie e nelle menti
Noi pacifici soldati pienamente realizzati
Fino a quando non ci capiremo più
Quando non ci riconosceremo più

Poi un giorno la corrente finì, il contatto sulla rete sparì
Qualcuno si suicidò, qualcuno impazzì
E la vita della gente cambiò, e la gente fuori casa tornò
Si misero a parlare
E si sentì cantare per la strada
Per strada


Testo di Enrico Ruggeri, tratto dall'album Rock show.

E se succedesse davvero? Voi cosa fareste?
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MessaggioInviato: 24 Mag 2008 16:38    Oggetto: Re: Il giorno del black out Rispondi citando

dasio78 ha scritto:

E se succedesse davvero? Voi cosa fareste?

ma intendi "definitivamente" senza corrente?
beh, sarebbe un ritorno al medio evo...

se invece ti riferisci a un qualcosa di temporaneo...
non mi turberebbe affatto...


senza corrente...non puoi accendere la luce in casa se è buio...ti serve una torcia o una candela..
il frigo non funziona...e hai un bel po' di roba da buttare via..
non si apre il cancello automatico..facilmente non hai acqua calda per lavarti o acqua fredda per dissetarti, ecc.ecc.


ma tv, pc, internet, cellulari....ecc...quelle non pesano
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dasio78
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MessaggioInviato: 24 Mag 2008 19:01    Oggetto: Rispondi citando

Penso che "senza corrente" sia inteso come "senza internet", piuttosto che come assenza di energia elettrica.

E devo dire che, forse, superare questa dipendenza, sempre più totale, dalla rete, potrebbe aiutoarci a riscoprire i valori della realtà, che molti dimenticano in favore di quel succedaneo che è internet...
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MessaggioInviato: 24 Mag 2008 19:26    Oggetto: Rispondi citando

dasio78 ha scritto:
Penso che "senza corrente" sia inteso come "senza internet", piuttosto che come assenza di energia elettrica.

ah ok..
in questo caso mi è facile rispondere perchè ho avuto alcune occasioni...

qualche anno fa più di ora, passavo online (nel senso di proprio in rete piuttosto che semplicemente al Pc) per lavoro intere giornate...
poi per una pausa lavorativa diversa assieme a un caro amico sono stato di punto in bianco lontano dalla rete totalmente per alcuni mesi...

i primi giorni mi mancava..non la rete in se, ma quello che facevo prima, i miei contatti sparsi per mezza Italia e non solo...
ma fatta l'abitudine non ne ho sentito la mancanza....avevo altre cose da fare, all'aria aperta, altre persone da conoscere, frequentare...

così come per il telefonino (sto bene senza cellulare o con il cellulare spento) la tecnologia è un mezzo che trovo comodo e che cerco di sfruttare al meglio delle sue potenzialità.
Ma non mi da divertimento o attrazione fine a se stessa.

Se il tempo me lo permette (visto che sta piovendo senza sosta da settimane) terminato il lavoro, fuggo volentieri lontano da Internet per una salutare e stancante corsa o un giro in bici o una passeggiata o un..... Wink
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MessaggioInviato: 25 Mag 2008 07:31    Oggetto: Rispondi citando

Anche io sono daccordo ioSOLOio appena possibile e' bene staccare la "spina" nel vero senso della parola e dedicarsi a qualcosa di salutare come ad esempio una bella camminata in montagna,o al mare, comunque qualcosa che ci faccia bene anche fisicamente. 8)
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MessaggioInviato: 25 Mag 2008 11:06    Oggetto: Rispondi citando

dasio78 ha scritto:
Penso che "senza corrente" sia inteso come "senza internet", piuttosto che come assenza di energia elettrica.

E devo dire che, forse, superare questa dipendenza, sempre più totale, dalla rete, potrebbe aiutoarci a riscoprire i valori della realtà, che molti dimenticano in favore di quel succedaneo che è internet...

Interessante appunto: ma non trovo internet necessariamente succedaneo di quello che prima non c'era.

La comunicazione interpersonale si è molto allontanata dalla relazione fra individui percepibili come presenti fisicamente.
Io parlo con voi anche in modo indiretto, e lungo una linea temporale non necessariamente sincronizzata con la vostra. Questo non riduce assolutamente la comunicazione su di un piano marginale, consente comunque qualcosa che è molto più di un mero scambio di informazione e di idee chiuse in un pacchetto quantistico. La mia idea contro o accanto alla tua, indisturbata dalla presenza o meno, di altri elementi di comunicazione extraverbale: l'aspetto fisico della persona che abbiamo davanti, con tutte le implicazioni attrattive repulsive che ciò comporta. Feromoni compresi.

Caro Dasio, ci parli di valori della realtà che molti dimenticano... non posso darti torto ma hai provato a passare una mattinata in un pronto soccorso in attesa di essere visitato? Hai passato un certo periodo di tempo in un ambiente incomprensibile e le cui regole sono sfuggenti? Hai visto lo smarrimento dei clienti in un supermercato? Ricordi il tuo primo giorno di scuola, lontano dagli ambienti della tua infanzia in famiglia? Anche quelli sono luoghi succedanei alla realtà che conosciamo. Ma non a caso ci siamo evoluti con una corteccia cerebrale così complessa, non a caso il sistema "mente" si può ammalare senza che si verifichino danni biochimici al cervello. Ci siamo evoluti per esprimere il meglio nel succedaneo, nell'esplorazione del possibile.
Internet è un luogo imperfetto ma non lo sottovaluterei e non lo ridurrei ad un'uscita di sicurezza attraversata da gente che vuole uscire da una realtà insoddisfacente. Internet esiste perché esiste l'uomo e la sua complessità.

Il tema che hai proposto è straordinariamente interessante ma è anche altrettanto complesso. Non posso risponderti adesso, non posso rispondere alla tua domanda: mi limito perciò a commentare solo una tua affermazione a margine sperando che serva a riflettere meglio quando si parlerà del tema vero e proprio.

Tu che dici?
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MessaggioInviato: 25 Mag 2008 13:09    Oggetto: Rispondi citando

vero Silent, saggio come sempre.

Però credo sia innegabile che certe innovazioni abbiano portato con se un certo "impoverimento".
Naturalmente, come sempre, non è il mezzo in se ad essere negativo, al massimo verrà usato male.

Internet è ottimo, permette una facilità di comunicazione, si può interagire come noi ora con persone che altrimenti non "conosceremmo", leggere e discutere cose che magari diversamente non avremmo occasione di leggere.

Ma a volte diventa un mondo alternativo alla realtà.
Chat dove inventarsi o farsi forti.
Sms al posto di una frase detta a voce o di una lettera.

E' negativo quando appunto diventa surrogato della realtà e non una parte di essa, quando è un rifugio e non una via da percorrere.
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MessaggioInviato: 25 Mag 2008 16:53    Oggetto: Rispondi citando

Concordo su tutto.

Però ribadisco il fatto che, l'alternativa sarebbe il silenzio. Procurarsi un rifugio (anche con la semplice fuga) è scritto nel DNA di tutti gli animali in grado di muoversi nell'ambiente.
Ho fatto amicizia con persone che non avrei mai incontrato. Io aborrivo le chat e i forum per le ragioni che hai appena esposto eppure sono qui a parlare con tutti voi. Ma sono qui anche ad ascoltarvi, non solo a parlarvi di me (cosa che non faccio perché non voglio distruggere per sempre la vostra serenità).
Internet è uno strumento, come un coltello, creato appositamente per tagliare il pane. Ma ci si può anche tagliare il formaggio o la carta di credito, il tubo del gas o le piante del vicino.
Ma lo strumento è anche un "virus", un'idea che può moltiplicare se stessa e le sue funzioni.
Dipende da noi e noi non siamo solo quello che il mezzo che usiamo ci stimola a fare: l'occasione fa l'uomo ladro ma uno è già ladro di suo e l'occasione è solo l'uomo a crearsela o a cercarla. Io passo davanti agli stessi scaffali del supermercato ma non mi viene in mente di rubare qualcosa. E se mi viene in mente non lo faccio.
Allo stesso modo non corro a tutta velocità nel centro abitato. potrei farlo, il mezzo me lo permette ma non lo faccio comunque.

...E poi dici del mondo alternativo alla realtà.
Ma davvero credi che esista una realtà univoca? Le alternative alla realtà sono infinite anche nella vita quotidiana, non solo nella vita dei paranoici che si inventano nemici dove in realtà c'è ben altro.
Tutta la storia dell'umanità e piena di mondi alternativi dove gli uomini si rifugiano quotidianamente. Ti faccio un esempio qualsiasi, molto comune.
immagina una persona del tutto normale, equilibrata, civile, secolarizzata, che vive in un paese occidentale: ha un buon rapporto con il resto della comunità, è integrato, ha un lavoro, una famiglia, dei figli, un animale domestico, è iscritto ad un club, frequenta gli amici, la chiesa eccetera eccetera.
Quest'uomo di belle speranze, del tutto normale, in realtà vive in una incredibile serie di mondi paralleli, a noi del tutto sconosciuti.
Quando si sveglia al mattino, prende coscienza del suo corpo, inizia a muoverlo, si ricorda dei sogni che ha fatto, percepisce di essere coricato, di aver passato una notte dormendo, comincia a pensare di doversi alzare e recupera dalla memoria quello che è il suo normale iter tenendo conto delle varianti specifiche di quel dato giorno, si immerge cioè nella realtà programmata che varia per piccole cose da un giorno all'altro. Il nucleo di base è lo stesso, quello che cambia è la realtà di quel giorno.
Se è un giorno lavorativo si "tarerà" sulle cose da fare, preparerà le sue "maschere" e le indosserà così come farà con i vestiti adatti allo scopo. Se è un impiegato od un dirigente, sceglierà gli abiti adatti alla riunione o alla normale giornata di lavoro e lo stesso farà con l'atteggiamento che dovrà tenere per tutto il periodo di tempo nel quale dovrà interagire con il mondo esterno, con l'ufficio, la riunione, i colleghi, la società (entità comunque a suo modo astratta) per la quale lavora, eccetera. Quando entrerà nel suo guscio, nella sua linea temporale che va dalle ore alle ore, si comporterà, valuterà, interagirà percepirà all'interno di un mondo assolutamente artificiale fatto principalmente di oggetti e di regole "discrete" matematicamente parlando.
Ignorerà peraltro le stelle di neutroni che, a milioni di anni luce, emetteranno particelle subatomiche ad alta energia, sarà completamente tagliato fuori dalla vita di miliardi di persone delle quali non saprà assolutamente nulla, ignorerà e vivrà lontano dai pinguini Imperatore, dai coguari delle Montagne Rocciose, così come dagli ululoni dal ventre rosso e anche dai colibatteri che, nel suo intestino, cominceranno a denaturare le proteine del latte presenti nel suo cappuccino.
La sua realtà sarà incommensurabilmente diversa e estranea alla realtà di miliardi di creature note e ignote che voleranno, strisceranno, cammineranno, nuoteranno o resteranno immobili sulla Terra.
Alla fine della sua giornata tornerà a casa non prima di aver attraversato la realtà serpentiforme del traffico urbano e suburbano, dopo aver incrociato la realtà di migliaia di estranei eppure cittadini come lui, contribuenti come lui, possibili amici (se magari incontrati in appositi spazi e contesti) o magari nemici giurati per chissà quale diversità.
Una volta tornato a casa cambierà completamente clima interiore, emotività capacità relazionale: si "tarerà" di nuovo sulla nuova realtà che andrà incontrando. Si adatterà tanto più rapidamente quanto avrà interiorizzato modelli precostituiti di questa realtà. Se avrà un rapporto conflittuale con la moglie il suo ingresso a casa sarà molto diverso da come sarebbe se tornasse in una casa dove prevale l'armonia fra i suoi componenti.
Una volta immerso nella sua realtà familiare, l'uomo si sentirà finalmente se stesso ed agirà di conseguenza, con maggiore naturalezza, trascurando regole altrimenti necessarie quali andare in giro in ciabatte o magari svuotare il suo intestino dall'aria in eccesso.

Ma cosa vuol dire essere veramente se stessi? C'è un se stessi maggiore e uno minore?
E magari il giorno dopo è domenica e dovrà andare alla funzione religiosa, si vestirà in modo adatto, preparerà la sua mente per concentrarsi sui temi religiosi e l'escatologia legata alla sua religione. Un'altra realtà a tutto tondo, con i suoi parametri indiscutibili e non negoziabili.

Ma non è finita! L'uomo, ad un certo punto, cercherà un po' di spazio per sé e deciderà se andare al club con gli amici, farsi una partita a carte, una girata in bicicletta, un salto in biblioteca o dall'amante. Compirà alcuni atti essenziali preparandosi ad entrare in realtà diverse, surrettizie alle precedenti.
E magari si metterà al computer, si connetterà ed entrerà in un forum, in una chat, sporgendosi dal proprio nickname e dal proprio avatar, scelto come un bambino sceglie, a carnevale, il vestito da Uomo Ragno piuttosto che quello da Zorro. E lì tornerà bambino, diventerà uomo, donna, alieno, vecchio, fantasma, tutto quello che più lo soddisferà in quel contesto e in quel momento.

Io non trovo poi così diverso l'uomo appena entrato su internet da quello che è appena uscito dalla porta della sua amante o dalla porta dell'ufficio e si appresta ad entrare in auto per immergersi in un'altra realtà. E' sempre lo stesso nucleo, carico di bisogni, esigenze, curiosità e potenzialità.
Se ci limitassimo ad una sola delle realtà nelle quali viviamo quotidianamente passando dall'una all'altra, non saremmo più esseri umani completi.

Anche gli uomini e le donne che scelgono di vivere una vita monastica, una realtà completamente chiusa al mondo, hanno le loro vie di fuga dall'assoluto apparente della loro vita: saranno di volta in volta, monaci, uomini, confratelli, studiosi, esperti di una pratica, custodi, amici, discepoli, consulenti, aiutanti, compagni, avversari, maestri, tutori, cuochi, bibliotecari, cantori, eccetera eccetera.

Non dobbiamo temere internet e la sua realtà. Non è poi così diversa da quella che immaginiamo essere la nostra realtà prevalente.
Pensateci, fate una prova e ditemi se ho torto.
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MessaggioInviato: 26 Mag 2008 20:29    Oggetto: Rispondi citando

Come al solito ammiro le tue capacità espositive.

L'analisi che hai redatto è perfetta e attiene alla vita di tutti noi, avresti ragione in pieno se, a mio parere, non ci fosse un ma...

Quale ma?

La differenza che esiste fra un mondo concreto fisico, dove ci si bacia, si litiga, ci si prende a cazzotti, si va sottobraccio e se è il caso si manda al diavolo il proprio "superiore" [concedetemi questo iniquo termine] e un mondo virtuale in cui, come giustamente dici, ci si reinventa e dove - anche qui - si litiga, ci si manda al diavolo, si stringono amicizie, ci si innamora e ci si disamora ma rimane un mondo virtuale; i cazzotti, le liti, i baci sono tutti fasulli, privi di concretezza [tranne qualche rara eccezione che, comunque, sfocia nella fisicità].

Il pericolo non sono i sogni, "il personaggio" adatto all'occasione, "il vestito" per quelle determinate ore del giorno, perché?
Perché fisicamente qualcuno ti farà sbattere il naso e avrai modo di cambiare rotta [se lo vorrai o se lo riterrai giusto].

Ammalarsi di virtualità vuol dire non sbattere mai il naso e tantomeno vederlo "sanguinare", l'abitudine a questo diventa la morfina che presa in dosi terapeutiche allevia il dolore, ma se si eccede per la paura del male, si diventa drogati e non se ne può più fare a meno perché è cambiato l'angolo di prospettiva.
Prospettiva non più recuperabile o recuperabile con molta fatica, nel momento in cui il supporto principale - quello che ti ha allontanato dai ciottoli che fanno male se ci cadi sopra in moto - venisse a mancare.

Per fortuna l'essere umano ha delle capacità di recupero e di adattamento così notevoli che tutta la tecnologia possibile e immaginale non riuscirà a evitare la nascita di qualche "ribelle".
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MessaggioInviato: 27 Mag 2008 11:27    Oggetto: Rispondi

Graywolf ha scritto:
Come al solito ammiro le tue capacità espositive.
...E fai male! Spesso non riesco affatto ad esporre le cose in modo da farmi comprendere. In tal senso il messaggio fallisce, l'informazione non arriva al destinatario. Resta solo una sterile esposizione di fatti o di opinioni.

Graywolf ha scritto:

L'analisi che hai redatto è perfetta e attiene alla vita di tutti noi, avresti ragione in pieno se, a mio parere, non ci fosse un ma...

Quale ma?

La differenza che esiste fra un mondo concreto fisico, dove ci si bacia, si litiga, ci si prende a cazzotti, si va sottobraccio e se è il caso si manda al diavolo il proprio "superiore" [concedetemi questo iniquo termine] e un mondo virtuale in cui, come giustamente dici, ci si reinventa e dove - anche qui - si litiga, ci si manda al diavolo, si stringono amicizie, ci si innamora e ci si disamora ma rimane un mondo virtuale; i cazzotti, le liti, i baci sono tutti fasulli, privi di concretezza [tranne qualche rara eccezione che, comunque, sfocia nella fisicità].

Se avessi ragione non sarei sicuramente più felice.
Mi spiace per tutti quelli che non gradiscono i discorsi lunghi ma qui non posso limitarmi a dire due parole, il tema è veramente affascinante e complesso. Non ho risposte precise ma solo dubbi e informazioni da condividere per cercare di trovare una risposta accettabile. Chi vuole seguirmi lo faccia senza cercare una risposta: non ce ne sono di definitive ma è sempre affascinate scoprire quanto siamo ricchi e portatori di meraviglie.

Forse quello che non sono riuscito a spiegare è che la differenza fra virtuale e reale è solo nel percepire. In realtà, la maggior parte delle nostre percezioni "tattili" e perciò fisiche della realtà sono il frutto di un "inganno" operato dal cervello che approssima i segnali in modo tale da renderli coerenti con il nostro senso di realtà senso che fra l'altro ci siamo abituati a percepire. Nel thread sulla percezione visiva avevo spiegato che il buio così come lo vediamo noi non esiste e il colore nero del buio è solo il frutto della portante generata dalla retina che, come una comune emittente radio, emette un segnale fisso che viene poi modulato dalle informazioni analogiche che viaggiano sulla portante. Con questo non voglio dire che il cervello ci inganna. Noi riceviamo informazioni molto limitate dal mondo esterno, un mondo macroscopico regolato dalle leggi di Newton che continua ad esistere indipendentemente da come lo percepiamo. Se andiamo a vedere in profondità, se guardiamo come funziona, da quali leggi è regolato il mondo delle particelle costituenti il mondo macroscopico, tutto il nostro senso comune se ne va a ramengo perché la realtà del mondo (che pure esiste e non è un'invenzione dei fisici) è regolato da leggi paradossali e per niente di facile comprensione.
Guarda che non sto cercando di rigirare la frittata: anche rigirata resta una frittata e ha un sopra ed un sotto collegati in modo indissolubile (non è stata ancora creata una frittata senza retro, ad una sola dimensione). Sto cercando di riportare l'attenzione sul giudice ultimo di questa contesa, il nostro essere senzienti.
Crediamo di conoscere il mondo che ci circonda così come crediamo di conoscere noi stessi. Cerchiamo di approssimare il più possibile ma oltre ad un certo limite siamo costretti a creare delle categorie stabili, universali. L'amore è una di queste, l'amicizia, il dolore, la felicità, un pungo nell'occhio, un bacio, un contatto fisico.
Ma sei sicuro di poter descrivere una di queste cose in modo tale da poterla far corrispondere a ciò che tutti provano vivendola? Sicuramente avrai amato molte persone nella tua vita ma puoi veramente affermare che l'amore che hai provato per una persona è sovrapponibile a quello che hai provato per altre? E il pungo nell'occhio (che spero tu non abbia mai ricevuto) non sarà mai uguale ad un'altro sebbene l'occhio sia sempre lo stesso (eh ma allora è un vizio eh? Ma che diavolo combini? Perché ti metti nelle condizioni di ricevere pugni negli occhi?) E così vale per il bacio, per il contatto fisico. Ti assicuro che non ce n'è uno uguale all'altro. E allora, caro amico, nessuna di queste categorie, Amore, baci, pugni negli occhi, sono categorie assolute ma approssimazioni per similitudine. Avere due gatti in casa non vuol dire che i gatti siano uguali e intercambiabili. A chiamarli con lo stesso nome non verranno entrambi.
Abbiamo dunque due gatti (vada per l'esempio, ormai me lo sono giocato) uno è virtuale e l'altro fisico: il primo può miagolare ma non usa la sabbiolina, non devi pulirlo, nutrirlo, non puoi accarezzarlo, non ti graffierà. L'altro avrà tutta una serie di caratteristiche che ti faranno pensare che quello è il gatto vero. E avrai ragione. Il primo ti sembrerà meno rischioso, potrai trascurarlo, maltrattarlo, ignorarlo, fare come se non esistesse, L'altro, quello vero, reagirà alle tue attenzioni e soffrirà per le tue trascuratezze.
Dovremmo allora chiederci a che serve avere un gatto virtuale invece di interagire direttamente con quello reale. Quale che sia la risposta dovremmo comunque ammettere che i due animali sono necessari e perciò corrispondenti alla soddisfazione di un bisogno. Il fatto stesso di aver ammesso nel paragone anche un gatto virtuale comporta l'accettazione della sua esistenza come soggetto e agente interattivo con la realtà (la nostra). Ci dovremmo perciò rendere conto che tutto il sistema in esame è coerente con l'esistenza di un sistema superiore o precedente che lo ha generato. La dualità gatto virtuale / gatto reale è funzionale al bisogno del sistema che ha posto il problema della dualità in conflitto o in concorrenza.
Nello stesso modo, il mondo virtuale di Internet è funzionale al bisogno del sistema che lo ha generato. L'Uomo. Tu affermavi la prevalenza/preferibilità del mondo reale su quello virtuale, io cercavo di far osservare che il confine fra i due mondi è molto labile ed interconnesso a livello percettivo ed emozionale. Cercavo di far osservare che, la maggior parte delle emozioni che derivano da un'incontro virtuale, sono esattamente identiche a quelle che riscontriamo in un incontro reale.

Tutto questo è molto interessante: mi tornano alla mente gli sforzi di Proserpina per spiegarci l'importanza della corporeità e la sua interazione profonda con la nostra psiche, sforzi che forse sono stati un po' ignorati ma hanno comunque lasciato un segno e sono sempre rintracciabili e recuperabili all'interno del forum.
Proserpina ci ha regalato la sua esperienza, ci ha introdotto ad una parte molto trascurata dalla nostra civiltà. E ha fatto un buon lavoro.
Se andiamo a spulciare fra i suoi interventi scopriamo che la percezione del corpo è distorta e frammentaria, condizionata e limitata al punto da farci "ammalare".
Al contrario, una buona percezione del sé corporeo può avviare alla guarigione di molti disturbi della sessualità (componente fondamentale della nostra umanità, le cui radici affondano ben oltre l'inconscio per pescare energie sopite provenienti dall'alba dei tempi dall'origine ancestrale che è alla base del nostro essere mammiferi ad organizzazione sociale complessa).
Ma il fatto curioso è che il nostro cervello (torniamo a esso) è organizzato in modo tale da privilegiare l'informazione, rispetto al suo riscontro e relativa verifica.
Il nostro cervello si può ingannare facilmente perché è programmato a dare risposte adattive assai rapide e preferenziali, utili per la nostra sopravvivenza. Questa caratteristica, originaria degli strati più antichi del nostro encefalo, è stata molto utile, al di là della sua funzione primaria, per lo sviluppo della nostra specie.

Questa particolarità necessaria alla sopravvivenza si è rivelata fondamentale per potenziare in modo incredibile la nostra immaginazione. La nostra specie si è evoluta in quello che siamo consentendo a tutti gli individui di accedere alle innovazioni fantasiose che alcuni individui hanno realizzato: ad esempio, quanti di noi sarebbero in grado di inventarsi un PC? Eppure tutti siamo in grado di usarlo per gli scopi che ci sembrano più utili alla nostra vita e aspettative o bisogni.
La flessibilità del progetto non è frutto di una intelligenza superiore ma delle capacità adattive del pensiero umano. Chi ha inventato il computer lo ha fatto per ragioni consapevoli ma nella sua realizzazione ha messo in atto motivazioni inconsapevoli che hanno portato a quello che vediamo: una protesi adattiva. Il PC è una protesi adattiva così come lo è stata la parola quando è apparsa nella nostra specie. Il linguaggio umano è assimilabile ad una protesi che ha potenziato il linguaggio preverbale amplificando quella componente del linguaggio gestuale che è la simulazione e la dissimulazione, cioè l'inganno.
Possiamo perciò dire che l'inganno sia una forma di manifestazione virtuale di qualcosa che non c'è. Ma l'inganno è funzionale alla sopravvivenza e perciò all'ottenimento di un vantaggio, non sempre a scapito dell'ingannato.
Raccontare una fiaba, scrivere un romanzo, non è un inganno che produce danni in chi lo riceve. Allo stesso modo, la manipolazione della realtà con la creazione di una dimensione parallela e virtuale non è da considerarsi necessariamente un inganno.
Dire che è preferibile un bacio fisico ad un bacio virtuale è dire un'ovvietà che però non cancella l'importanza del bacio virtuale. Dietro la cessione del bacio e il suo ricevimento c'è sempre un cervello emotivo (uso questo termine per distinguerlo dal cervello logico e reattivo), quel cervello che esprime un bisogno che con il virtuale si appaga e ritrova il suo equilibrio necessario al momento.

Non dimentichiamo che l'uomo è un'entità distribuita su di una linea temporale, una sorta di ecosistema integrato e interconnesso. E questo non vale solo a livello mitocondriale (i mitocondri sono organuli cellulari presenti all'interno delle nostre cellule e contengono in DNA che viene trasmesso per via matrilineare. Probabilmente, il mitocondrio è il frutto di una fusione simbiotica molto antica che ha dato il via all'evoluzione degli eucarioti). ...Scusate queste dottaggini ma sono precisazioni necessarie per ricordarvi l'enorme complessità della natura delle cose e la loro interdipendenza.
Tornando dunque alla dualità virtuale/reale, Graywolf ha ragione. Sempre meglio un abbraccio reale. Ma non potrà negare che il virtuale ha concesso al sottoscritto di godere della sua amicizia così come mi ha consentito di conoscere ed apprezzare molti di voi, mi ha consentito di stupirmi, di commuovermi di ampliare le mie conoscenze, mi ha consentito di fare delle grasse risate anche se non vedevo in faccia i miei interlocutori.

Il virtuale non è un succedaneo, un modo "minore" di vivere la socialità. E' un modo per allargare le nostre capacità di riempire spazi vuoti con materiale umano assai interessante. Alcuni di noi passano il tempo in internet a discutere in contraddittori senza fine, convinti di essere in possesso di una verità indiscutibile. Bene: è un buon modo per dare voce ai propri pensieri. Non si impara niente, non si ascoltano gli altri ma almeno teniamo allenate le dita della mano e stimoliamo gli altri a contraddirci.
Come sarebbe il mondo oggi senza Internet? La solitudine era presente anche negli anni '50, e così gli omicidi, la pedofilia, l'adescamento, la vacuità, la stupidità e la fantasia. Il mondo senza internet sarebbe infinitamente disperato. Milioni di individui non potrebbero uscire dalla loro solitudine perché la solitudine è una caratteristica ineludibile. Il mondo virtuale è pieno di superficialità e sconcezze, eppure io vi ho incontrato intelligenze sensibili e nobili, vi ho incontrato uomini e donne di cui mi pregio della loro amicizia. Il mondo reale e quello virtuale non si escludono a vicenda, si integrano come una promessa e la sua realizzazione, come il racconto di un viaggio da parte di un amico e la sua successiva verifica. Ma nel viaggio che faremo non troveremo le stesse cose che l'amico ci ha raccontato. Anche perché a cambiare saremo stati noi, nel frattempo.



Graywolf ha scritto:

Il pericolo non sono i sogni, "il personaggio" adatto all'occasione, "il vestito" per quelle determinate ore del giorno, perché?
Perché fisicamente qualcuno ti farà sbattere il naso e avrai modo di cambiare rotta [se lo vorrai o se lo riterrai giusto].

Ammalarsi di virtualità vuol dire non sbattere mai il naso e tantomeno vederlo "sanguinare", l'abitudine a questo diventa la morfina che presa in dosi terapeutiche allevia il dolore, ma se si eccede per la paura del male, si diventa drogati e non se ne può più fare a meno perché è cambiato l'angolo di prospettiva.
Prospettiva non più recuperabile o recuperabile con molta fatica, nel momento in cui il supporto principale - quello che ti ha allontanato dai ciottoli che fanno male se ci cadi sopra in moto - venisse a mancare.

Non ci si ammala di virtualità, si è già "ammalati" dentro. La dipendenza dalla virtualità è segno di un disagio profondo che emerge. Meglio emerso che nascoso a provocare danni alla salute psichica e fisica.
Il problema della dipendenza è un problema complesso e non si può risolvere sottraendo gli oggetti del desiderio a chi ne ha bisogno per compensare il proprio disagio esistenziale: si rimuove il sintomo ma il male rimane. Ovviamente, il palliativo, il virtuale, non guariscono. La soluzione va cercata altrove.

Graywolf ha scritto:

Per fortuna l'essere umano ha delle capacità di recupero e di adattamento così notevoli che tutta la tecnologia possibile e immaginale non riuscirà a evitare la nascita di qualche "ribelle".

Ma ribelle da cosa, dal momento che la prima ribellione dovrebbe essere verso se stessi, non verso il mondo. Il mito del ribelle è un mito romantico ma inattendibile come modello e inefficace come panacea.

La tecnologia è una protesi e non sempre la protesi sminuisce chi la porta. L'atleta privo delle gambe che corre come un normodotato a me non sembra affatto un uomo sminuito. Allo stesso modo, il matematico che usa il computer per il suo lavoro non è un matematico minore.

Spesso demonizziamo internet e i suoi effetti collaterali ma ci sbagliamo. I demoni sono dentro di noi. Socrate parlava di un demone che lo tormentava dall'interno e lo dissuadeva a compiere alcune azioni, Blake giunse a dire che "...E un giorno fu dimenticato che gli dei dimoravano nel cuore degli uomini." Tutto promana dal nostro interno, così come il buio che crediamo di vedere al di fuori, quel buio che è solo il segnale portante della retina. La realtà oggettiva non esiste così come la percepiamo.

Certo, il muro contro il quale sbattiamo la testa è solido e immobile ma le molecole di cui è composto, non lo sono a causa della semplice agitazione termica. La materia non è compatta, se non riusciamo ad attraversare il reticolo atomico di cui è composta la materia (e vi assicuro che è una rete dalle maglie assai larghe) è solo a causa dell'interazione che troviamo a livello molecolare e atomico.
La realtà come la conosciamo non esiste. Io e la mia gatta viviamo sullo stesso piano di realtà ma vi assicuro che entrambi lo percepiamo e lo viviamo in modo diverso. Esattamente come quella coppia di merli che hanno fatto il nido (li ho chiamati Giuditta e Oloferne) nell'immenso caprifoglio che ho piantato nella mia enorme terrazza.
Che dire dunque?
Qualsiasi risposta è imperfetta, parziale, autoreferenziale, soddisfa solo il nostro bisogno, il nostro principio di realtà.
Aiuto!
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